In Europa, sede di uno degli esperimenti politici e istituzionali più ambiziosi della storia recente, l'Unione Europea, i movimenti populisti e le élite tecnocratiche sono stati tra gli attori più attivi nel trarre vantaggio dall'uso della paura, iniziando subito dopo il crisi economica di 2008.
La natura dei populismi e delle tecnocrazie differisce in molti aspetti. I movimenti populisti costruiscono il loro successo sostanzialmente su ciò che possiamo definire "legittimità dell'input", o legittimità popolare, mentre le élite tecnocratiche sono supportate dalla "legittimità dell'output", in altre parole la legittimità derivata dall'attuazione di politiche efficienti. Questo dualismo è particolarmente visibile nell'UE e nella sua peculiare tipologia di governance multilivello, con istituzioni come la Commissione europea che agisce a livello sovranazionale, spesso in contrasto con la politica degli Stati membri dell'UE a livello nazionale.
La differenza tra i movimenti populisti e le élite tecnocratiche si riflette nelle strategie adottate dai due: la natura degli argomenti, gli usi che ne vengono fatti, le lingue e le strategie di tempistica adottate, sono completamente distanti. Tuttavia, a un'analisi più approfondita, i movimenti populisti e le élite tecnocratiche in Europa condividono un elemento chiave: padroneggiare l'arte di influenzare il dibattito politico producendo ed evocando paura e ansia attraverso un uso efficace degli strumenti di comunicazione.
Populist Fears: la forza del linguaggio semplice e vivido
In Ungheria, la crescente ostilità politica sul ruolo delle ONG internazionali, con il loro presunto obiettivo di influenzare segretamente l'agenda nazionale o, peggio ancora, è culminata nella repressione della Open Society Foundation di George Soros; in Polonia, i libri di testo scolastici sono cambiati a seguito di argomentazioni nazionalistiche e anti-intellettualistiche, rappresentando le minoranze come un pericolo per il paese; L'Italia è continuamente raffigurata come una colonia tedesca. Gli argomenti dei populisti europei sono davvero semplici e di carattere generalizzante, che evocano con immagini concrete e vivide paure come l'invasione, l'ingiustizia e la cospirazione, per mobilitare le masse di cittadini. Questi sentimenti ansiosi sono facilmente alimentati da narrazioni fallaci come la "cospirazione del settore finanziario" o delle élite, l '"invasione degli immigrati" o la "minaccia musulmana" (banale riduzione della tesi sullo scontro di civiltà).
Paure tecnocratiche: il mis (uso) della complessità
Le paure prodotte dalle élite tecnocratiche in Europa si basano su argomenti complessi e specifici, posti in un linguaggio tecnico e burocratico, con tempistiche magistrali: usare momenti specifici di instabilità politica o paralisi che si traducono in incertezza per giustificare la necessità di attuare l'agenda politica che supportano. Menzionando la possibile reazione dei mercati finanziari, lo "spread" (il differenziale tra i tassi di interesse sui debiti pubblici locali e quelli della Germania) o l'azione della Troika (Commissione europea, FMI e Banca centrale europea), è diventato sempre più comune, in ciò che prende sui tratti di una profezia che si autoavvera. Sempre più frequentemente, registriamo dichiarazioni di burocrati o politici europei di alto livello come "il rischio di default alla fine porterà a ...", ecc. In particolare, prima e dopo referendum o elezioni, vengono fatti continui riferimenti a possibili debiti sovrani valori predefiniti o il rischio derivante dalla ridefinizione dei criteri di Maastricht (in Italia, da 2011 fino a poco tempo fa) o dal prezzo economico da pagare per l'uscita dall'UE (nel Regno Unito, a seguito della Brexit in 2016), con conseguente limitativo de facto lo spazio per il dibattito politico.
Un rafforzamento reciproco: l'esempio dell'Italia
Il risultato della strategia di costruzione della paura, attuata sia dai movimenti populisti che dalle élite tecnocratiche in Europa, è una relazione dialettica tra i due che paradossalmente porta a un rafforzamento reciproco. Ad esempio, la natura irrazionale delle politiche economiche populiste innesca crisi e tumulti, favorendo indirettamente il ricorso ad approcci dall'alto verso il basso da parte di élite nazionali e sovranazionali, basate sulle loro riconosciute competenze e competenze. Tuttavia, la loro azione è spesso non supportata da una legittimità democratica trasparente, soprattutto quando i compiti da svolgere consistono nell'attuare gravi tagli alla spesa per le politiche sociali. Questo, a sua volta, favorisce un rafforzamento dei movimenti populisti, con il processo che segue quel modello, come si può vedere dalla storia recente dell'Italia: l'azione di un governo tecnico (PM Monti), nato dall'inadeguatezza delle politiche attuate da il precedente dirigente (il Primo Ministro Berlusconi), dopo alcuni anni di governo di centrosinistra, conduce uno dei governi più populisti dell'UE (il Cinque Stelle e Lega Governo di coalizione "giallo-verde").